By Lily Selthofner
As featured in Venezia Scalzo Screendance
Poem 1:
Prima, c’era acqua.
Lo spirito viscerale, il vuoto definitivo
Il sangue della madre
Accecante e assordante
il suo polso era il primo orologio
E piango al suo tempo,
le mie lacrime gocciolano
dal suo grembo
superando le circostanze
First, there was water
The visceral ghost, the ultimate emptiness
The blood of the mother
blinding and deafening
her pulse was the first clock
and I cry to her time,
my tears dripping from her womb
surpassing circumstance
Poem 2:
Mi chiama Violetto Scalzo
Le mie ossa sono pesci, fatti di punti interrogativi
mia gamba cede, mentre il mio cervello avanza
non so chi sono, da dove vengo, o perché sono qua, adesso.
le risposte risiedono nelle mie spalle curve e nel mio collo allungato, in bilico,
tra la futilità cosmica e l’onda eterna del movimento immobile
my bones are fish, made of question marks
my leg caves, as my mind walks onward
I don’t know who I am, where I came from, or why I am here, now.
The answers dwell in my hunched shoulders and craned neck, balanced,
between cosmic futility, and the eternal wave of still movement
Poem 3:
Violenza Scottatura
sono dolore. Sono a piedi nudi sulla sabbia calda, a prendere a pugni l’antico pavimento, erodendo la facciata dell’immortalità.
Sono connessa. Sono una piramide di guerrieri, il mio esercito di antenati marcia dietro di me.
Sono l’amore incondizionato. Sono la nonna pagana più potente, eoni fa.
Sono fiducia. Sono protezione. Io sono le porte che si aprono. Sono l’ombra nell’angolo della stanza.
Per troppo tempo ho avuto paura dei miei aiutanti, dei miei amanti incondizionati.
Ero un bambino, impreparato, cieco al mio stesso potere, reso vittima statua in mondi rigidi.
Parassiti ai miei muscoli, succhiando la mia carne morbida,
desiderando l’amore che ho impastato da vite di dolore.
I am pain. I am bare feet on hot sand, punching ancient pavement, eroding the facade of immortality.
I am connection. I am a pyramid of warriors, my army of ancestors marching behind me.
I am unconditional love. I am my most powerful pagan grandmother, eons ago.
I am trust. I am protection. I am the doors that open. I am the shadow in the corner of the room.
For too long, I have been afraid of my helpers, my unconditional lovers.
I was a child, unready, blind to my own power, made a statue victim in rigid worlds.
Parasites to my muscles, sucking my soft flesh,
longing for the love I kneaded from lifetimes of pain.
Poem 4:
Mi chiama Vasta Serpente
Ho fame, tanta fame. Ho un buco nel cuore, che riempio di serpenti e draghi e pesci.
Un milione di anni fa, battevo il tamburo troppo forte, le mani mi facevano ancora male per aver fatto quel buco nel mio antico cuore. Mi fanno male le dita sui tamburi rotti, il polso spezzato soffocato dalla cenere, le dita che scavano nel buco, alla ricerca di risposte già sbriciolate, marce, dimenticate.
Ogni passo della mia ultima grande danza ci avvicina alla morte, mentre le ossa del mio punto interrogativo si spezzano sotto il peso delle lucertole, dei serpenti e dei pesci nel mio cuore.
I’m hungry, so hungry. I have a hole in my heart that I fill with snakes and dragons and fish.
One million years ago, I beat my drum too hard, my hands still hurt from punching that hole in my ancient heart. My fingers ache on broken drums, broken pulse smothered in ashes, fingers digging in the hole, searching for answers already crumbled, rotten, forgotten.
Every step of my last great dance marches us closer to death, as my question mark bones break under the weight of the snakes and fish in my heart.
Poem 5:
Mi chiama Vantaggia Sinistra
Io sono il serpente, il pesce, il drago dell’amore che vive nel mio cuore, nove dimensioni più piccole e più alte di te o di me.
Sono un serpente: spesso, lungo e viscido, con segreti dietro ogni scaglia.
Sono una vittima, un povero ragazzo di una cattiva famiglia. Questa volta, la mia spina dorsale è il punto interrogativo, la sofferenza viscidi di decadenza.
Sono un veterano, un assassino morente. Ho paura che ogni giorno sarà l’ultimo, quindi apro le mie gambe a serpenti, draghi e pesci, per trovare la mia cervice, strisciare nel mio grembo, scalare la mia spina dorsale e unirsi agli altri insetti nel mio cuore.
Sono il drago, che è connesso a tutti, più vicino del previsto, numerabile, grosso, lungo e viscido, che ha sentito che non c’è fine alla follia, che potrebbe non ricordare nulla, ma sa tutto.
Scivolo dentro me stesso, melma su melma, facendo l’amore incondizionato con me stesso, guardando tutta la merda e il sangue sulla terra,
spingendo il serpente sempre più in profondità, finché il dolore e l’amore sono dello stesso colore, perché sono più grande, più piccolo, più alto , di tutto questo.
I am the serpent, the fish, the dragon of love who lives in my heart, nine dimensions smaller and higher than you or me.
I am a serpent – thick, long, and slimy, with secrets behind every scale.
I am a victim, a poor boy from a bad family. This time, my spine is the question mark, suffering slimy with decay.
I am a veteran, a dying murderer. I am scared every day will be my last, so I open my legs, for serpents, dragons, and fish, to find my cervix, crawl into my womb, scale my spine, and join the other insects in my heart.
I am the dragon, who is connected to everyone, closer than expected, countable, thick, long, and slimy, who heard there is no end to the madness, who might remember nothing, but knows everything.
I slide into myself, slime on slime, making unconditional love to myself, wading through all of the shit and blood on earth, pushing the snake deeper and deeper, until pain and love are the same color, because I am bigger, smaller, higher, than all of it.
Poem 6:
Mi chiama Viscerale Sincronizzatore
Posso parlare con i morti. Li vedo negli angoli crepati di antichi edifici, vedo i loro bei volti rugosi nei miei sogni.
Cammino sulla linea sottile tra banale e universale, dove ai morti piace vivere. Cresco su quella linea, come i funghi.
Mi fido di creature inaffidabili perché so che mi rispettano, i loro occhi che guardano dal legno e dalla pietra che gettano un ponte su ogni acqua profonda. Tutti abbiamo conosciuto lo stesso profondo dolore e scegliamo ancora l’amore.
Mi abbraccio, e dalla cisterna della solitudine risorgono i morti.
I can speak to dead people. I see them in cracked corners of ancient buildings, I see their wrinkly, beautiful faces in my dreams.
I walk the thin line between mundane and universal, where dead people like to live. I grow on that line, like mushrooms.
I trust untrustable creatures because I know they respect me, their eyes watching from the wood and stone that bridges every deep water. We all have known the same deep pain, and still choose love.
I hug myself, and from the cistern of loneliness, the dead rise.
Poem 7:
Mi chiama Viottolo Supino
È stato un errore per me venire qui, incarnarmi su questa Terra. Sono debole, sono fondamentalmente una persona cattiva, non importa quanto mi sforzi di essere buono. Tutto ciò che faccio causa dolore a qualcun altro e mi ricorda che sono distrutto fino in fondo. Mi sento un alieno, un fantasma, un pesce fuor d’acqua. Mi sento come un bambino piccolo che non sa dove andare o cosa fare, come se avessi bisogno di qualcuno che mi tenesse per mano mentre giro ogni angolo. Mi sento piccolo e vulnerabile.
Ma nessuno sa come fare questo per me, e Dio ha gettato la mia anima su questa Terra, come una lenza da pesca, una piccola corda d’argento che mi attacca all’estremità di una lunga serie di dolori, quindi non ho mai imparato a essere pieno o a camminare solo, libero e disancorato.
Dio ha fatto del tempo il mio problema, Dio mi ha detto di trovare un modo per essere la persona più grande, di sacrificare la mia interezza, nascondere il mio dolore, solo per essere incluso in qualche falsa società, per portare i problemi del mio lignaggio sulle mie piccole spalle, per essere attaccato dal dolore degli altri perché l’amore vero e ordinario da persone vere e ordinarie
non sarà mai abbastanza per riempire il vuoto nella mia anima che è stato lì fin dal primo giorno solitario su questa Terra.
A volte mi chiedo se il mio secchio di dolore perde sangue, e se sto lasciando una scia che fiutano tutti gli squali, o che sporca le vesti bianche degli angeli.
It was a mistake for me to come here, to be incarnated on this Earth. I am weak, I am fundamentally a bad person, no matter how hard I try to be a good one. Everything I do causes pain to someone else, and reminds me that I am broken to the core. I feel like an alien, like a ghost, like a fish out of water. I feel like a little baby who doesn’t know where to go or what to do, like I need someone to hold my hand as I turn every corner. I feel small and vulnerable.
But nobody knows how to do this for me, and God threw my soul at this Earth, like a fishing line, a little silver cord attaching me to the end of a long string of pain, so I never learned how to be full or walk alone, free and unanchored.
God made time my problem, God told me to find a way to be the biggest person, to sacrifice my wholeness, hide my pain, just to be included by some false society, to carry my lineage’s problems on my little shoulders, to be attacked by the pain of others because true, ordinary love from true, ordinary people will never be enough to fill the hole in my soul that has been there since the very first lonely day on this Earth.
Sometimes I wonder if my bucket of pain leaks blood, and if I am leaving a trail that all the sharks smell, or that dirties the white robes of angels.
Poem 8:
E alla fine, come all’inizio, e in ogni momento molecolare nel mezzo, torno a me stessa, la madre di tutte le madri, per mangiare vite di dolore e pace,
lezione nel grande oblio
Incollo le pagine del mio libro con il mio sangue, come il grande autore, il grande
Trasmutatore del vuoto in tempo e spazio, delle parole in esperimenti
Sono quello che ricorda tutto, facendo ballare e toccare l’immaginazione di me stesso in modo da poter tornare a me stesso volte e volte, aver imparato, esser stato.
Lecco ogni goccia del mio proprio sangue mentre striscia nel mio grembo,
non avendo perso nulla, e cambiato tutto, per piacere, per dolere, per imparare, ancora.
and in the end, as in the beginning, and every molecular moment in between,
I return to myself, the mother of all mothers, to eat lifetimes of pain and peace,
lessons in the great forgetting
I glue the pages of my book shut with my blood, as the great author, the great
transmuter of emptiness into time and space, of words into experiments
I am the one who remembers everything, making imaginations of myself dance and touch
each other, so that I can return to myself time and time again, having learned, having been.
I lick up every drop of my own blood as I crawl back into my womb, having lost nothing, and changed everything, for pleasure, for pain, for learning, again.